18 gennaio 2006

Tempo presente/ Riflessioni



Chissà perchè quando sei a terra trovi sempre qualcuno pronto a darti un calcio in faccia. salvo scusarsi quando poi si rende conto di averti ferito.

E tu, attonito, resti a chiederti se sia più doloroso ilcalcio o la consapevolezza di quanto il tuo dolore possa passare ignorato dal mondo.

12 gennaio 2006

Chimera / Primi rudimentali alloggi

Erano giunti in cima alla collina, mentre Morgovia parlava trascinando il ricco bagaglio con curiosa leggerezza. Carden, il falco leggiadro, aveva aperto le ali sul mondo di Chimera,volando alto quasi a volerne toccare i limiti... ma limiti non ve n'erano e così il falco era tornato, un po' affaticato dal lungo viaggio che aveva condotto lui e Morbovia fino al nuovo regno.

"Mago, sarò ben lieta di darvi una delle prime capanne fresche fresche di costruzione - disse raggiungendo Usul che, dalla riva che si affacciava sul Mare Ignoto, aveva finalmente deciso di mettersi al lavoro. E le forti braccia allenate di Usul erano davvero impagabili.
In una giornata sola aveva già allestito una sede decente per Chimera e le sue Figlie, una capanna insieme a Kristine aveva preso forma proprio a destra della sede, ed alla sinistra si vedeva lo scheletro di quella che sarebbe stata la gilda dei Maghi.

"Morgovia, come vedi siamo proprio all'inizio. Ma abbiamo abbozzato un'ipotesi di struttura che per il momento ci consentirà di cominciare. Laggiù - disse Kristine indicando con la mano una radura, circondata da splendidi salici che si affacciavano su un piccolo lago - lì sarà costruito il Tempio" e scoccò uno sguardo rapido di intesa prima a Usul poi a Quillian che nel frattempo era giunto."

Mentre da quella parte - indicando uno spiazzo proprio dietro allasede di Chimera - sarà realizzata la sede dei Guerrieri, con sale per gli allenamenti ad ogni tipo di arma... ma ci vorrà ancora moltotempo. Per il momento, caro Morgovia, soggiorneremo tutti qui, nella seconda dimora. Chimera è disposta ad accoglierci anche nella sua, ma... preferisco che noi ci riuniamo in questa, Fantasia è ancora ferita e dolente e... Avanti, amici, il nostro viaggio è appena iniziato!"

KdW

11 gennaio 2006

Racconti / Il lago


L’alba dipingeva filamenti rosa tra le nuvole bigie di quel mattino strano e inaspettato. Avevo lasciato le persiane aperte, la sera prima. Scostai le tende appena, per guardare. Non mi aspettavo un panorama così meraviglioso. Solo qualche gabbiano che sorvolava il lago, e sulla riva opposta un conglomerato di casette antiche così bene immerse tra le chiome verde ramato degli alberi, mentre alle spalle saliva la collina, dolce di curve morbide

Mi rotolai ancora tra le coperte, cercando di richiamare il sonno prima che l’alba diventasse giorno. Sforzo inutile. Ero troppo emozionata di quella avventura in cui finalmente ero fuori dal mondo. Qualche rapido conto mentre mi vestivo, come un vecchio tirchio conta i soldi accumulati, io contavo i minuti che ancora mi rimanevano in quella piccola cittadina che già amavo. Colazione a buffet, nel vecchio albergo della stazione.

Mi guardai intorno scoprendo nei pochi clienti visi stranieri di turisti felici. Come me, in fondo. Come sempre mi accade quando posso mangiare ciò che voglio, non avevo appetito. Ma non mangiavo dal mattino precedente, così mi sforzai di addentare un panino sapientemente imbottito di burro e prosciutto cotto.

Cioccolato caldo a cotè ed ero di nuovo in piedi. Fuori le nubi avevano vinto sul sole. L’aria era fresca e pungente, ma asciutta, nonostante la pioggia avesse imperversato fino a qualche ora prima. Mi attardai lungo il lago, soffermandomi oziosa ad osservare i cigni maestosi ed alteri che riservavano beccate altezzose e distratte, di quando in quando, a starnazzanti germani con cui dividevano svogliatamente la distesa di acqua. Sotto il pelo dell’acqua distinguevo nitida la sagoma di enormi carpe, grasse e beate, che evidentemente non si lasciavano facilmente irretire dai pigri pescatori occasionali che si alternavano alla ringhiera intorno al lago. Lasciai il lago per addentrarmi nel paesino, curiosa e golosa come una bimba di fronte ad una torta mai mangiata.

Lessi diligentemente poche note storiche che descrivevano le origini più remote della bella cittadina e mi crogiolai nel silenzio del mattino, quando ancora nessuno pervade le strade riempiendola di passi e saluti rapidi e indistinti. Ecco la chiesa che mi aveva dato la sveglia.

Riconobbi il campanile dalle poche campane stonate. Non avrei mai creduto che una non melodia potesse colpirmi tanto quanto quella serie di suoni disarticolati e stonati.. come una campana. Il sapore era identico a quello delle zuppe mangiate nella casa dei contadini, quando sei un ospite inatteso e siedi al desco quotidiano dei tuoi ospiti. Genuino.. speciale. Amo quel paese. Comprerò una casa li, per usarla quando sono in guerra con il mondo.

C’è in tutti noi un luogo in cui ci sentiamo in pace ed io credo di averlo individuato, dopo tanti pellegrinaggi in giro per il mondo.

04 gennaio 2006

Racconti / Via da Myr due

Capitolo 2 (Elviliwyn di Noldor)

Non mi capita spesso di riflettere sul valore dell’eternità … è una di quelle cose che quando ce l’hai la dai presto per scontata, ti abitui ad essa e non ci fai più caso, una di quelle cose di cui si direbbe che te ne accorgi solo quando ti manca, tipo la salute, la luce o l’aria, o quando le vicende della vita di ricordano che non tutti sono elfi, non tutti virtualmente con un’eternità da spendere.

Eppure, se di solito la cosa peggiore che possa capitare con un’eternità a disposizione è il susseguirsi di giorni normali, oggi è uno di quei giorni che vorrei ordinario, insignificante, come tanti altri, uno di quei giorni che non entri nell’elenco di quelli da ricordare. Forse perché dopo una notte in cui nemmeno l’immersione totale nella natura ha saputo placare la mia rabbia e il mio dolore, mi ritrovo ancora così, con il cuore infranto e l’animo che non sa darsi pace per non riuscire a comprendere la follìa degli umani.

Ancora mi ritrovo a discutere con fratelli elfi, e nonostante sia uno degli elfi che più di molti altri si sforza di capire ed accettare le bizzarrie del comportamento umano, stavolta proprio non riesco a concepire di averla persa … “Elviliwyn, elfo giovane e testardo, ve l’avevo detto di non dar fuoco al vostro cuore per un’umana”, mi rimprovera un fratello anziano, cui confido il triste epilogo della mia passione per lady Carmilla, conosciuta nel bosco di questo Regno subito dopo il mio arrivo … “Prometterle addirittura di rinunciare alla vostra eternità per lei”, scuote la testa rincarando la dose. “Eppure ne ero certo fratello” ribatto con convinzione assoluta, sicuro che rifarei ogni passo di quel sentiero rivelatosi ora cieco, “Voi non l’avete vista, non avete sollevato la sua veletta e guardato i suoi occhi verdi come smeraldi, non avete veduto il fuoco dentro il suo cuore, la sua voglia di vivere, il suo ardente desiderio di assaporare ogni goccia della singola vita che le era concessa”.

Nonostante i loro limiti, sono affascinato dagli umani, perché ho capito che avere una vita limitata a disposizione impone loro di essere così, schiavi delle passioni in modo talvolta così forte da annullarne completamente la razionalità, incapaci di ponderare le conseguenze di scelte doverosamente affrettate finchè la consapevolezza della vita ormai vissuta infonde loro un po’ saggezza.

E proprio per questo non so darmi pace, non so capacitarmi del fatto che lady Carmilla abbia deposto la sua bellezza, la sua vitalità, la sua voglia di scoprire e gustare la breve vita umana che aveva davanti a sé ai piedi dell’oscurità, scegliendo di non vivere, di farsi schiava di un cainita in cambio del nulla quando le avevo offerto una vita in pienezza insieme a me.

Gli umani sono fragili e inaffidabili Elviliwyn, noi primogeniti non dovremmo mischiarci con questi esseri inferiori” gli fa eco un altro solone dell’integralismo elfico, quello che ha portato la nostra razza alla quasi estinzione, all’essere considerati superbi e antipatici da tutti, e all’abbandonare il mondo nelle mani proprio degli umani senza più aiutarli con la nostra magìa, la nostra sapienza millenaria e la nostra conoscenza profonda della natura, per paura di contagiare la nostra essenza.

Mi alzo sbottando, indeciso se odiare più gli umani o gli elfi, così irrazionali i primi e così altezzosi i secondi, chiedendomi il mio animo a quale specie possa mai appartenere. Muovo i miei passi verso un luogo solitario, ma scopro di odiare ancor di più la solitudine oggi, che con il suo silenzio rigira senza pietà il coltello nella piaga del mio cuore ferito, così invece mi risolvo a mischiarmi nel caos della gente e nell’angustia di un luogo chiuso, comportamento invero poco elfico.

Dopo aver camminato per alcuni minuti avvolto nel mantello dei giorni neri e completamente incappucciato, entro in locanda mantenendo a fatica l’eleganza nei movimenti, e cercando di farmi notare il meno possibile, dopo aver dato un rapido sguardo al bazar di razze diverse che la popola, mi dirigo direttamente al bancone optando per un boccale di sidro, quasi confidando che l’alcool sappia in qualche modo rimettere al loro posto i tasselli di un mosaico che mi pare ormai irriconoscibile.

I miei acutissimi sensi non mi permettono di evitare il brusìo di voci che si accavallano come in un mercato affollato … cerco di isolarmi da esse sorseggiando il mio sidro con gli occhi socchiusi, ma questo non fa altro che esaltare la solitudine del mio cuore infranto.

D’improvviso un rumore mi ridesta, il cigolìo del legno di uno sgabello vicino su cui qualcuno sta per sedersi … mantengo gli occhi socchiusi, indeciso se accettare il prevedibile fastidio di qualcuno che vorrà coinvolgermi in qualche banale discorso da locanda o proseguire a lottare contro il mio fastidio interiore.

03 gennaio 2006

Racconti / Via da Myr uno

Capitolo 1
Finalmente giungo in una terra ospitale.

Da quando ho lasciato le mie terre di Myr, alla ricerca del mio sciagurato padre elfo, non ho trovato che falsità e menzogne intorno a me. Per quanto io sia giovane … e non ancora in età di marito per fortuna ... ne ho già viste tante da poterne parlare. Ma non vi tedierò con racconti troppo lunghi. Questa locanda è confortevole, miei cari ospiti, e sono davvero lieta di averla incontrata sul mio cammino.

“… non ancora in età di marito, per fortuna, avete detto lady Elkimyr… Come mai quel ‘per fortuna’?” mi chiede la dama accanto a me; negli occhi le leggo una sincera curiosità.

Per fortuna perché l’ultimo dono di quello sciagurato elfo – accidenti, ma quanto odio gli elfi?! – è stato di … vendermi al capoclan delle mie terre, Byrn, il mezzelfo più squallido e pirata che io conosca. Secondo un preciso contratto io… beh.. dovrei diventare sua moglie tra poco meno di un anno. In cambio il caro padre ha avuto una cospicua somma di denaro, quando ero poco più di una bimba, e se l’è data a gambe, lasciando me e quella povera donna di mia madre da sole. Lei ha provato a tenermi lontana dal clan. Abbiamo vissuto con gli umani finchè abbiamo potuto, ma un brutto giorno gli squallidi compagni del clan hanno bussato alle nostre porte e… lei mi ha detto tutto, io non sapevo nulla di mio padre e mille volte avevo accusato lei di avermi tenuto alla larga dalla mia parte elfica ... privandomi di chissà quali meraviglie!? Per farla breve lei è stata condotta ‘ospite’ presso la dimora di Byrn ed io me la sono squagliata. Devo trovare quell’elfo prima che l’anno si compia e fare in modo che mi restituisca dignità e libertà.

“Oh che storia triste, milady ma… cosa sapete di quell’elfo e soprattutto.. come pensate che possa liberarvi?” La dama sembra davvero meravigliata ed empatica, sembra davvero preoccupata della mia sorte.

Strana gente gli umani. Sono capaci si dimostrare abissali passioni e rimanervi soggiogati. Proprio di quelle passioni mi sono follemente innamorata, prendendo confidenza con la mia natura per metà umana ... e quelle stesse passioni mi hanno allontanato dagli umani tempo dopo. Troppo complicati ... troppo … facili alla rabbia, alle esplosioni ingiustificate.

“Beh…di mio padre so solo che ha abbracciato le forze dell’oscurità, pur non essendo un drow, per fortuna. Non potrei tollerare anche l’onta di avere sangue drow nelle vene. L’unica cosa che ho di lui è questo lembo di tessuto che reca il marchio della sua nobile casata. Ma ancora per quanto abbia viaggiato e cercato nessuno ne ha mai sentito parlare."

Nel mostrare ai miei gentili ospiti il tessuto assisto ancora una volta alla consueta scena desolante dei visi perplessi che mi dicono che .. “No, non ne abbiamo visti di sigilli simili qui intorno”. Sorrido, sono abituata a questo tipo di delusione e non mi aspetto in realtà che qualcuno mi sappia aiutare.

“Ma sono certa di essere sulle sue tracce. Non chiedetemi come lo so. Tutti noi abbiamo a volte sensazioni guidate dall’istinto.. che stiamo proseguendo nel giusto. Quell’istinto che ad ogni bivio sa indicarci la strada migliore. Quando l’avrò trovato sarà lui la mia merce di scambio per tornare libera. Denari o no, mio padre dovrà tornare al cospetto di quel dannato mezzelfo e … vedersela con lui. Senza di me.”
Sollevo il viso guardando intorno nella locanda gremita di gente i visi sorridenti e tranquilli degli avventori. “Non vedo elfi, in questo vostro regno. Ma senza dubbio è solo un caso, credo.”

Mi domando se sarò in grado di contenere la mia rabbia nell’incontrarne. A volte la diplomazia che ho coltivato a lungo dentro di me mi abbandona lasciandomi in balia della rabbia tipicamente umana che proprio poco fa denigravo e di cui, purtroppo, tuttora non riesco a liberarmi del tutto.

Ho parlato troppo presto, temo. Quello che sta aprendo la pesante porta a vetri sembra proprio un bell’esemplare di elfo. Non posso fare a meno di seguirne l’incedere elegante con lo sguardo. Ho imparato a dissimulare bene i miei sguardi interessati, per poter studiare a mio piacimento gli elfi che ho incontrato lungo la mia strada cercandone invano tratti familiari. No. Troppo giovane. Curato nell’aspetto, i lunghi capelli sciolti sulle spalle e una borsa da viaggio … anche lui sembrerebbe uno straniero. Quando si avvicina al bancone decido di congedarmi dalla compagnia con una scusa.

“Mi auguro che i Vostri sogni si avverino, milady – mi sorride tra le labbra la gentile dama – ed anche che in questo nostro Regno possiate trovare la serenità cui nel vostro cuore anelate” Inarco un sopracciglio cercando di trattenere l’acidità di una risposta affrettata. Il mio cuore.. da quanto tempo non ne sento parlare?

“Vi ringrazio, milady, sarò lieta di incontrarVi ancora finchè mi sarà concesso rimanere in queste terre.” Finalmente posso raggiungere il bancone e sedere sullo sgabello accanto all’elfo.