20 dicembre 2012

Poemie/ Di te non saprei accontentarmi


Di te non saprei accontentarmi
passare il tempo ad aspettarti e poi
risolverci la passione tra minuti
rubati al nostro tempo
come ladri.
Di te, del noi che non è stato
potrei davvero non essere mai sazia
saprei volare in alto
cadere poi in picchiata
illudermi di esser quella amata
illuderti di essere una vita
quella che non ho avuto
quella che ti è sfuggita.
Morderci amore, golosi di passione
e poi tornare amici
ma di te amica
non saprei più tornare

11 dicembre 2012

Poemie/ Ti lascerò sogni sfiorati

Ti lascerò
sogni sfiorati sulle labbra
inumiditi e turgidi di desideri
mai soddisfatti pienamente.

Ti lascerò
peccati da sfogliare
scritti col sangue
appena sotto il cuore.

E panorami
tutti da guardare
senza che il tempo
debba mai finire.

Aperte le finestre
senza una tenda
senza alcun pudore
io che son schiava
e domino l'amore.

Ti lascerò fermo,
aperti solo gli occhi per guardare,
ad ansimare al ritmo
dell'incalzante ed avida passione.

03 agosto 2009

Io arrivo sempre dopo.

Io arrivo sempre dopo.
Sono così concentrata sui miei passi, guardandomi intorno come un ramarro ma con la visuale limitata di una formica, che poi quando tutto accade resto in piedi, mentre il terremoto scuote e fa cadere intorno ogni mobilio e cecchini sparano basso, altezza ventre, costringendo qualunque persona normale ad accucciarsi e cercare riparo.

Resto in piedi. Insensata donna piena di ferite, non mi piego. Cerco l’amore, come un otre vuoto vuole la pioggia, e non mi sazia mai l’altrui benevolenza. Dei paradossi che mi fanno veste adorno oziosamente i miei pensieri. Gente di ieri che mi vuole bene, che vuole rimaner nella mia vita, magari riaprendo ogni mia ferita, si aggrappa alle scuciture in questo vecchio abito che è la mia anima e piano piano rimango nuda e freddolosa. Mi manca il caldo di quel grande amore, che mi aveva ricoperto di fiducia. Mi manca come il pane, quando hai fame, come quell’otre vuoto di acqua e pieno di arsura e sete.

Come ti posso spiegare cosa provo? Come ti posso dir quanto mi offende, saperti così vago, così presente eppure tanto chiuso…? Eccomi in piedi, a ricucire strappi, allungandomi sui gomiti come militare ad una esercitazione…..

29 luglio 2009

Il Bosco di Halen

Kristine
L'alba si faceva sentire troppo presto, ultimamente. Arrivava con un vento caldo e umido capace di confondere i sogni e riportare troppo presto alla realtà. Kristine non riusciva mai a rimanere a troppo a lungo nell'ozio pigro e umidiccio di quelle mattine troppo anticipate. Scese dal letto ed indossò la leggera armatura da amazzone. Per oggi si sarebbe allenata nel bosco, dove l'aria fresca rimane compagna delle ore più a lungo che altrove.

Usci dal suo piccolo rifugio, mentre un sorriso storto e divertito le dipingeva il viso di curiosità al pensiero di come avrebbe reagito qualcuno, se l'avesse incontrata in questi giorni dopo tanto tempo...

Elviliwyn
La battaglia pareva inver vinta! Grazie al nodoso bastone da viaggio non meno che allo stiletto che teneva celato con certosina cura attorno alla coscia ben coperto dal mantello, era riuscito a respingere l'attacco a tradimento dei due furfanti che gli avevano teso un'imboscata sul sentiero.
Ma il prezzo della vittoria era tutt'altro che basso: salvata la pellaccia, gli scudi che teneva al sicuro nella cintola e i preziosi ricordi da cui non voleva mai separarsi, due ferite da taglio testimoniavano la furia della lotta, anche se, fortunatamente, era riuscito in qualche modo a nasconderle alla vista degli aggressori onde non ridare loro nuovo impulso. Ora, scemati gli effetti psicotropi dell'istinto di sopravvivenza e dell'orgoglio, il dolore si palesava in tutta la sua intensità e il sangue iniziava a colare a fiotti tanto dalla gamba sinistra quanto dall'avambraccio destro, solo parzialmente soffocato da un bendaggio improvvisato. Urgeva un riparo, e possibilmente dell'acqua e qualche erba medicamentosa ... per fortuna, tempestivo come un miraggio nel deserto, oltre la salitella che tagliava a metà l'orizzonte, ecco palesarsi un bosco.

Vozarrazan
Il sole si infuocava, ricordando a tutti che la sera si stava avvicinando. Nessuno quanto Vozarrazan amava quel momento.. nonostante gli anni passati in superfice i suoi occhi da drow non si abituavano mai a tutta quella luce e la sera essi finalmente tornavano a riposare. Era anche il momento della giornata in cui tirava i conti ed il fiato. Tutto sommato nonostante il dolore, gli piaceva fissare quella tranquilla palla infuocata scendere a nascondersi oltre le montagne e dipingere di colori assurdi le nuvole nel cielo... forse il sopravanzare dell'età lo rendeva più introspettivo o forse gli aveva insegnato a godersi le cose semplici ma le nuvole in definitiva erano un'altra cosa che gli piaceva. Le fissava a lungo, quando poteva. Si muovevano rosa nel cielo ormai rosso del tramonto.

Poi una di esse attirò la sua attenzione: sembrava una donna inginocchiata nell'atto del pregare. "...Kristine di weiss..." sussurrò assorto nei suoi pensieri e si sorprese nell'accorgersi del sorriso che si era fatto strada sul suo solito broncio. Osservando la nuvola lui ora vedeva la sacerdotessa che un tempo fu sua rivale ma anche amica. Ricordava i tempi in cui, in altri luoghi, magnifici e perduti, dovette scontrarsi ma anche confrontarsi con lei. Che bei tempi! Tiro piu su gli occhi il cappuccio del mantello per proteggersi dalla luce e fantasticò su dove potesse essere lei ora e cosa stesse facendo...

Kristine
Tra tutte le virtù da sempre riconosciute al bosco di Halen quella più apprezzata non solo da Kristine, era la tranquillità. Incastonato tra le due catene montuose che costituivano i confini naturali del regno di Aylinn, il bosco si estendeva su una superficie lunga diversi chilometri, ospitando al suo interno animali di ogni razza che svolgevano la loro tranquilla vita lungo le sponde del ruscello serpeggiante nel mezzo.
Da quando era giunta in questo regno, stabilendosi proprio al margine del bosco - un secolo fa? - Kristine aveva diviso le giornate con quelle creature imparando a conoscerne abitudini e caratteristiche e scoprendo in alcune di esse una magia mai incontrata prima. Una di queste era la razza dei Caorin, bipedi creature pelose, alte non più di un metro e mezzo, d'indole tollerante ma capaci di una crudeltà raramente conosciuta, se provocate.

"Usul, so che sei qui..." esclamò l'amazzone divertita, mentre il piede infrangeva un invisibile cerchio di magia bianca creato appositamente da alcuni amici per allenarsi senza doversi guardare le spalle. Un rumore era oziosamente entrato nel campo uditivo di Kristine, che dopo anni di tregue e pace, aveva abbassato molte delle usuali difese istintive che più di una volta le avevano salvato la vita. Senza dar peso al rumore, convinta della presenza di Usul, il primo Caorin che aveva conosciuto al suo arrivo, decise di cominciare l'allenamento. Quando Usul si fosse palesato l'allenamento sarebbe stato ancora più gustoso, sorrise tra se'.

Elviliwyn (2)

Sufficientemente provato dalla lotta e dalle sue conseguenze, Taras decise quindi di inoltrarsi nel primo anfratto che gli si presentò dinanzi, lasciandosi fagocitare dalla quiete del bosco, per poi arrestarsi e permettere all'udito elfico di cercare, nei dintorni, l'amato suono di qualche corso d'acqua che potesse aiutarlo a pulire le ferite e ristorarsi. Ben altro suono, piacevole quanto sorprendente, raggiunse però le sue puntute: una voce, di stampo indubbiamente femminile e dal tono morbido e calmo, che non poteva non attirare la sua curiosità. Dopo una breve esitazione e conscio del fatto che, per quanto detestasse dover dipendere da qualcun altro. in quelle condizioni dell'aiuto gli avrebbe comunque fatto comodo, si risolse quindi a muovere i propri passi verso il punto in cui gli era parso che provenisse il suono, mettendo comunque tutta la circospezione e l'abilità tipica della sua razza nel cercare di risultare inudibile ed invisibile, non essendo certo il momento giusto per cercarsi ulteriori complicazioni. "Beh, quantomeno potrà indicarmi un ruscello e dirmi dove diavolo sono finito ..." pensò mentre le fronde e le radici di alberi quasi certamente secolari parevano infittirsi quasi per dispetto, o forse per dargli un avvertimento di ciò in cui sarebbe andato ad imbattersi.

11 maggio 2009

Poemie/ Questo silenzio

Questo silenzio
che mi rende fragile
come una zattera
in balia di un'onda
lunga e malvagia
e sorda ed invincibile
Questo silenzio vince,
dentro di me che affogo
lentamente.

Tu non lo puoi capire
non ti appartiene
in fondo il mio dolore.
Come potrei sconffigerlo davvero?
Come tradire il mio vano sentire
di nullità riempirsi la mia vita?

Dei fallimenti che mi sento addosso
che veston la mia età
come cuciti nella dura pietra
non potrei fare dono ad altra gente.
Solo con me, per me prendon valore
e rendono si fragile l'umore
da screpolare a tratti il mio sorriso
traboccando nei tratti del mio viso.

Lontano sarò il mito che dipingi
sarò la dolce meta da sognare
Lontano, dove ora vorrei andare
sapendo di non più dover tornare...

28 ottobre 2008

Racconti/ Terre note

LE TERRE NOTE

“Anche stavolta mi è sfuggita”. L’uomo, sulla quarantina, giacca grigio scuro su improbabili pantaloni fuxia, ancora non poteva crederci. Era stato ad un passo dal catturare Kristine, in uno dei suoi ritorni a casa e se l’era fatta sfuggire.

“Tranquillo, la ripesco nel nostro mondo” disse al giovane che lo affiancava in questa missione.

“Già, Umbert, ma sai bene che non è la stessa cosa.” Rispose il giovane. Astuto, più brillante ed acuto di Umbert, Nico era un ragazzo cresciuto per strada, venti anni giusti giusti e quel mix di arroganza ed ignoranza indispensabile per farsi largo nelle Terre Note.

Catturare Kristine mentre si trovava nella sua Terra di Arcano era certamente diverso che non prenderla nelle Terre Note, dove sarebbe stata lei stessa – astuta come un’amazzone! – a presentarsi all’appello l’indomani, come ogni giorno, con la naturalezza di una bambina innocente.

“Torniamo, non abbiamo nient’altro da fare qui” finalmente stanco, toccava ad Umbert riportare Nico alla realtà, mentre chiamava a sé tutte le forze che ancora gli rimanevano.

Kristine, ormai al sicuro, sfuggita da quei due tipi – così male assortiti – che da secoli le stavano alle calcagna, aveva raggiunto la sua abitazione, dove l’aspettava il fido Miki gatto randagio.
“Possibile che ancora credano di riuscire a fermarmi? Ancora non accettano l’idea di essere solamente uomini…”


Uomini. Solamente uomini. Non che ci fosse qualcosa di sbagliato nell’accettare di esserlo, solo che non si poteva certamente pretendere di avere la scaltrezza, l’agilità ed il potenziale di una donna!

Una donna sa come ferire senza usare una sola arma; sa amare e far credere all’altro di non considerarlo nemmeno; sa mentire per il bene altrui e goderne, come fosse il proprio bene. Una donna genera, sopportando il dolore, e lo fa da sola.