27 giugno 2006

Poesia / Gelido come...


...un macigno di granito e ghiaccio
è caduto proprio accanto alla mia porta
con un tonfo sordo, cupo.
Ha aperto uno squarcio nelle mie parole,
lasciando al loro posto il silenzio
tiranno e maligno


silenzio che pesa come un macigno
di panna soffice e schiuma
leggera e candida come è solo la neve
anch'essa gelida e feroce quando vuole
oppure energica e vitale neve.

Non temo il gelo delle parole chiare
temo la notte ed il silenzio oscuro
le labbra strette delle persone care
gli occhi dispersi senza luce e amore.

Possa il macigno trasformarsi in polvere
e dalla polvere come fenice sorgere
la nuova vita di nuove parole,
di sguardi e abbracci e guerre e caldo amore

26 giugno 2006

Riflessioni / Donne 2


... ma anche l'uomo più "uomo" tale resta nel bene e nel male, condito di difetti (agli occhi delle donne) che lo rendono spesso una forte tentazione di cucciolo.

Mi spiego.
Come fa con i cuccioli, spesso, la donna adotta subliminali processi di educazione e conformazione del comportamento. Processi di cui entrambi li attori non si rendono normalmente conto e che nei decenni più recenti hanno pian piano trasformato l'uomo in un bimbo eterno, che passa tranquillamente dalle mani della mamma naturale a quelle della mamma/moglie.

Poche donne comprendono a fondo questa tentazione naturale e cercano di esimersene. La maggior parte di loro non sa neanche immaginare quanto ciò sia dannoso, perchè crea nel futuro una finta dipendenza dell'uomo, trasformando il menage familiare in un asilo di infanzia.

Io sono per la piena democrazia del rapporto. Io donna, tu uomo. Liberi di amarci e di sbagliare. Liberi di dare le nostre priorità e scala di importanza a ciò che quotidianamente ci affligge. Pur nel dolore, a volte grande, di notare in silenzio quanto queste priorità siano all'opposto nell'altro, rispetto alle proprie.
Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria, recita una legge della fisica. E' la natura, nessuno deve sentirsene ferito se mancando ad un appuntamento l'altra persona diverrà guardinga pur cercando di comprendere razionalmente le motivazioni che hanno condotto alla mancanza.

Perchè è così inutile urlare quanto fa male sentirsi posti al secondo posto. Il sentimento esiste anche senza le parole e tale deve rimanere con i suoi alti e bassi. Le parole semmai possono essere d'aiuto a spiegare che "non si potrà essere presente a quell'appuntamento perchè.. " oppure semplicemente "Contrattempo, non posso scendere."

... to be continued.

23 giugno 2006

Poesia / La poesia

Non è la poesia
a far girare il mondo
o la mia testa
se ti incontro per strada
e riconosco
solo di te sospiri

La poesia rimane
come un sottile soffio
dentro il cuore
nè si regala a chi
non sa goderne

Il mondo è fatto invece
di parole
dure e materia, carne
e verdura, sassi
che fanno male

tanto da spegner dentro
le parole e far fuggire
tutto quell'alone
che alcuni amore altri poesia
soglion chiamare."

21 giugno 2006

Riflessioni /Donne

Alle donne piace vezzeggiarsi e civettare. Mai per un intento finale di conquista. Loro si sperimentano, facendosi le unghie sulla pelle degli uomini, proprio come i gatti - eterni cuccioli - tra una fusa e l'altra fanno pallette di topi incauti e poco svegli.

Anche io sono donna. Mi piace crogiolarmi tra gli uomini, provocandoli lieve e sempre cosciente che pochi di loro davvero meriterebbero anche solo un mio sguardo.

Perchè sono bella, almeno così so apparire. Affascinante se lo voglio riesco ad esserlo ancora. Occhi verdi ma sempre instabili nel cambiare colore a seconda della luce che li raggiunge. E dentro il fuoco. Lo chiamano entusiasmo.

Forse.
Pura voglia di vivere che, quando a tratti d'improvviso mi abbandona, lascia tutti senza parole e me, soprattutti, senza fiato.

A volte però mi imbatto in un Uomo. Raro avvenimento, un Uomo. Capisci di averlo incontrato quando, maliziando timidamente nei suoi occhi, finisci talmente in profondità che risalire è come dopo un tuffo ad una cascata. Una lunga e frizzante apnea....

19 giugno 2006

Oggi ti imparo

Alessandra.
Esistono giorni in cui sembra di essere trasparente. Si, lo so. E' solo un'impressione. Eppure a volte sembra che nessuno ti noti ed una interessante sensazione di euforia ti pervade facendoti sentire onnipotente. Forse così si sentiva anche Alessandra, mentre osservava il panorama scorrere eguale e diverso sotto i suoi occhi, in auto. "A cosa pensi?" le domandai, stanca di ascoltare solo il rumore ciancicato della radio che perdeva di continuo la frequenza. "L'ha fatto ancora..." rispose, senza distogliere lo sguardo dal vuoto avanti a se. Aveva appena parlato con voce sommessa al telefono. Aveva voglia di incontrare Fabio, dopo quasi una settimana che non si vedevano per impegni di lavoro, anche se lui alla fine sembrava aver preferito andare a giocare a pallone con gli amici "Perchè tu sarai di certo stanca, dopo il viaggio..." "Di cosa parli?" chiesi, senza aver ancora deciso se mi interessava davvero. "Ha preso un'auto da un amico. Certo gliela regala.. ma solo di assicurazione pagherà 2000 euro!? Gliel'ho detto che per me è una cretinata, ma niente.. l'ha presa lo stesso! Vedrai che dovrà spenderci sopra un sacco di soldi.." Parlava di Fabio, una storia di appena un anno e mezzo che già faceva acqua a catinelle. Alessandra mi aveva appena finito di raccontare di come sua madre la chiamasse testarda perchè "quando mi metto in testa una cosa non mi smuove nessuno!" ed io le chiesi se le sembrava giusto cercare di costringere Fabio a fare quello che secondo lei era giusto, quando lei per prima non seguiva neanche i suggerimenti della madre "Ma che c'entra! Noi abbiamo tanti progetti.. e finchè lui fa come gli pare non potremo mai metterli in pratica" Tacqui per riflettere qualche istante. Mi domandavo come mai tutte le donne che conoscevo in quel periodo sembravano convinte che mettere al dito un anello desse loro lo scettro per decidere del destino di qualcun altro. Decisi di cercarel e parole per fargli capire il mio punto di vista. "Sai.. a volte trattiamo i nostri partner come se fossero dei bambini. Poi ci lamentiamo quando non si dimostrano in grado di gestire i problemi da soli e ci sentiamo trascurate" esordii. "E' vero!" mi disse con enfasi girandosi verso di me per continuare il discorso che sembrava interessarle. "E' solo che ogni cosa che lui fa.. per me è sbagliata!" "Ma hai provato a lasciarlo fare fino in fondo? Insomma.. - esitai, vista la difficoltà ad entrare nel merito di un discorso che non mi riguardava punto - lascialo sbagliare! E poi.. deciderai se è il caso di continuare a dargli fiducia. Ma come puoi pretendere che cresca e sia per te l'uomo che vorresti, se prima ancora che lui faccia qualcosa già gli hai detto come tu lo vorresti!"

Chiara
Si sistemò ancora meglio sul sedile della mia piccola auto, lasciando il panorama sfuggente al suo destino per rivolgere a me occhi titubanti. "Tu lo sai che è sposato, vero? - esordì senza mezzi termini - e l'incoerenza di tutta questa storia da un lato mi affascina.. dall'altro mi terrorizza" "Io sono solo preoccupata per te - le risposi, senza perdere di vista la strada, mentre dentro cercavo di trovare la calma per affrontare quel nuovo argomento con tutto il distacco che si deve, in favore della mia amica - ho già visto questo tipo di storie finire male. Partono già perdenti. Altre amiche hanno perso un mucchio di tempo dietro le esitazioni di qualcuno che alla fine hanno dovuto lasciare, perchè non riusciva a prendere una posizione ben precisa." Cambiai posizione lasciando per un momento il pedale dell'acceleratore. "Lo so." La sua risposta secca sembrava mettere fine all'argomento, invece proseguì. "La verità è che io non mi aspetto nulla. Non vorrei proprio essere la causa della sua separazione, sai bene come la penso: nessuna felicità può nascere dall'infelicità altrui. Credo che debba esser lui a scegliere che strada seguire. Ma lui non ha mai voluto illudermi, anche per questo lo amo. Però mi ha fatto una promessa: qualora dovesse accorgersi che la nostra strada non conduce ad una vita comune, sarà lui il primo a metter fine al tutto. Ti pare poco? Mi fido di lui..." "Beh.. questo cambia un po' le cose, in effetti - le risposi sorridendo, mentre finalmente sfuggiva dalla mia pelle il vestito da sorella maggiore che questo tipo di vicende mi costringeva ad indossare - l'importante è che tu non soffra... molto. L'amore a volte fa danni di portata enorme" "Ma è così dolce, viverlo. Potresti mai immaginare un giorno piatto, senza quell'adrenalina che ti prende quando sai che dopo pochi minuti lo incontrerai? Certo, è faticoso, a volte complicato come nel mio caso ma.. - esitò sorridendo estasiata dal pensiero che percorreva partendo dalla coda - quanto ne vale la pena, quando la fatica la si compie in due!" "Hai ragione" risposi sorridendo volentieri e lasciandomi trascinare, me nolente, nella dolcezza delle sensazioni che per me erano solo lontani ricordi Guidavo socchiudendo gli occhi per impedire ad una lacrima impertinente di soffocarmi gli occhi. Già.. l'amore. Quella strana mescola di sensazioni e contrasti che a volte rende dolcissimo vivere, altre volte rende desiderabile la morte. Quello era il periodo più strano per me, che mi ritrovavo così spesso a fare da confidente alle amiche eppure in prima persona avrei avuto bisogno di confidare a mia volta i travagli che mi affliggevano profondamente. Fermai l'auto davanti al portone d'ingresso dell'associazione, presso cui eravamo attese quella sera, e attesi che Chiara scendesse, per poi parcheggiare poco distante.

Gaia
Ero già seduta al mio tavolo da più di un quarto d'ora e, nell'attesa che lei arrivasse, sorseggiavo con disinvoltura un fresco calice di prosecco, scavalcando con studiata indifferenza gli sguardi ammiccanti di qualche piacente rappresentante solitario del sesso maschile, quando la vidi entrare allegra e spensierata come una bimba. Aveva sollevato la mano sorridendo, in un gioviale saluto e l'uomo che si trovava tra me e lei si era immediatamente eccitato, vantandosi con l'amico di conoscerla. Gaia non passava inosservata, per quanto a volte amasse condire il proprio aspetto di colorati foulard dal sapore un po' infantile. 29 anni molto ben portati ed una massa di capelli scuri e abboccolati che incorniciavano un candido ovale, su cui sembravano apposti non a caso due verdi smeraldi: ecco il suo ritratto. "Ciao!! Che bello rivederti!" la accolsi con sincero entusiasmo. Mi sembravano passati secoli dai giorni estivi che avevamo condiviso, non molto prima in fondo. Dopo un appassionato abbraccio prendemmo posto al tavolo, scherzando con il cameriere che conosceva bene entrambe. Ed alla fine di una lunga serata di chiacchiere spensierate, ecco la notizia: "Mi sono fidanzata. Non indovinerai mai con chi!" Sorrisi. In qualche modo lo sapevo, anche se la cosa non era poi così scontata. Lui aveva 23 anni ed una vita molto più adulta di lei, alle spalle. Giovane, energico e a volte cinico, ma senza convinzione, un po' per sport, un po' per non morire... Ammirai senza invidia la luce che brillava nei suoiocchi, mentre parlava di come lui si fosse dimostrato subito pronto a mettere in discussione tutta la sua vita solo per farle piacere, anche se non riuscivo a tenermi dentro la sensazione di pericolo che percepivo da questo tipo di dichiarazioni. Quando si è giovani ed innamorati, spesso si confonde l'oggi con il per sempre e si dimenticano tutti i problemi come se una invisibile bacchetta magica avesse il potere di eliminarli. Poi passa l'attimo, la passione sfuma nel vero ed i difetti dell'uno e dell'altra emergono prepotenti e con evidenza sempre maggiore. Diventano sempre più forti le istanze personali e si abbandona quasi completamente quella vena romantica che ci aveva fatto promettere mari e monti all'altra metà del nostro cielo... Quante volte avevo assistito, testimone o protagonista, a questa metamorfosi? Eppure non volevo sfumare i sogni della mia amica nella previsione realistica della loro evoluzione, che io avevo preavvisato nella sua storia e, probabilmente commettendo un grave errore, per istinto cercai parole caute per farla andare un po' più piano, più conreta verso quella costruzione drammatica ed ammirevole che è l'amore. Meglio se non lo avessi fatto. "Kristine, mi stai trattando come una bambina!" replicò secca alle mie parole. Strano come, quando parli di qualcosa di particolarmente intimo e vorresti che il mondo ti ignorasse, improvvisamente tutto intorno tace e ti senti immersa nel "prossimo" fino ai piedi. Qualcuno infatti si era voltato e ci osservava in silenzio. "Beh.. scusa, non volevo certo.. - balbettai sentendomi davvero colta di sorpresa - intendevo soltanto dire che.. è molto facile promettere il mondo quando tutto è rosa, e si è all'inizio di un amore ma.. " "Ma ti ho appena detto che con lui è diverso! - continuò con il medesimo tono Gaia - lo sai, ho già convissuto con altri, ma lui è diverso. Te lo devo proprio dire, Kristine, a volte parti per la tangente e non ti importa nulla di quello che ti viene detto, quando ti fai un'idea.. dev'essere quella!" Parlò tutto insieme, mescolando le carte dei propri sentimenti evidentemente feriti con un ragionamento rivolto a me in modo diretto e privo di mezzi termini che mi spiazzò. Devo essere arrossita fino all'osso. Non mi piace sentirmi invadente e presuntuosa, meno ancora sentirmelo rinfacciare in un modo così diretto. Cambiai immediatamente rotta, con una retro marcia che avrebbe fatto impallidire i migliori diplomatici internazionali e ritrovai la serenità di una piacevole chiacchiera tra conoscenti. Ma dentro mi chiedevo che tipo di amicizia stesse per cominciare, in quel modo così poco schietto che mi era nuovo.

Tempo presente / Nel silenzio

Ma poi cosa è giusto, cosa è meglio..? Lamentarsi di un silenzio assordante, quando più si sente pulsare il cuore e sperare che non solo per quello giungano parole.. oppure sperarne ogni giorno, come si aspetta il sole dopo temporali.

Aspettare.. come sto diventando brava a farlo, io che raggiungevo il sole con pochi passi adesso sto, ferma nel mio guscio di sorrisi fatui e lacrime nascoste. Difesa dalla gente che mi scruta, che cerca segni in me di cedimento. Ma non cedo. Sono già morta dentro almeno un paio di volte e più di così non posso.

Tu, che mi sai dentro, come pochi.. che a tratti incappi in qualche mio urlo sfogato tra parole scritte di fretta, tu che di norma segui tutti i voli ed ora taci, forse nel dubbio che tutto non sia poi così giusto, forse anche tu nell'attesa. Potrebbe essere invece che sono io ad essermi fermata, e tu avanti che non ti sei accorto? No, credo piuttosto di aver fatto troppi passi ed ora sono solamente stanca. Non mi leggere, non so neanche io più cosa voglio dire, tacere, mascherare di me ragioni...

Adesso sto. Nel silenzio.

Poesia /Il mio credo




A volte, quando tutto tace,
mi piace tornare indietro nei pensieri

guardare nei cassetti più nascosti
di ragnatele pieni.. e di misteri.

Perchè così mi appaiono i rimpianti,
quelle passioni mai dimenticate
e quelle ancora non del tutto usate
che restano a giacere dentro il cuore.

Vedo passare nomi sotto gli occhi
e volti amati eppure sconosciuti
parole e voci udite da lontano
che ora non riesco più a sentire.

Non amo dire addio, perchè non credo
che tutto passi senza lasciare tracce.
"Addio" è per i vili e per i morti
per tutti quelli privi di speranza

che cercano la pace nell'assenza.

18 giugno 2006

Racconti/ Miura, una dannazione


“Messere, è una storia triste e crudele la mia, ma se davvero avete in animo di ascoltarla… bene, sarò lieta di parlare” Miura era seduta sulla poltrona sdrucita dove Alexander, un giovane vampiro come lei, l’aveva trovata entrando casualmente in quella rocca disabitata.

Alta e slanciata, mostrava i segni tipici del popolo cainita, la confraternita maledetta che da secoli affligge l’umanità con misteriose ed allarmanti apparizioni. Sul viso perfettamente ovale, il soverchio pallore faceva risaltare terrificanti le labbra vermiglie, che a volte si piegavano come in un sorriso, mostrando canini appuntiti.

Dopo un attimo di esitazione a quell’apparizione inattesa, Alexander raggiunse la dama e sedette sulla poltrona consunta, gemella della prima, vicino al camino che un tempo doveva aver rischiarato con fuochi gioiosi le festose giornate di chi vi aveva abitato. Gli occhi anticipavano la sua inconsueta curiosità, abituato alle più strane apparizioni ed avvezzo a non essere attratto da alcuna di loro.
Lo sguardo della donna, perso lontano in disperati ricordi, mostrava i segni di una malinconia toccante, davvero strana in una cainita. Gli occhi color del ghiaccio parevano trafiggere ogni cosa senza apparente segno di fermarvisi, ma una scintilla di dolorose emozioni permaneva tuttavia sotto forma di un languore ammaliante.

“Milady, so di essere sfacciato, ma qualcosa di voi mi attrae come mai prima d’ora mi era accaduto.” aveva detto Alexander presentandosi alla dama. Alla sua curiosità Miura aveva risposto, accettando di raccontare la sua storia.

“Il tempio era una casa, per me, giovane donna pura ed all’amor votata. Tempio di Gelida, la dea che alle passioni sovrintende tra gli umani, col gelo ed il fuoco eterni suoi strumenti, a bilanciare il cuore delle genti.
Avvenne che un uomo, il cui nome terrò con me per riserbo, fu preso da accecante passione, quel tipo di passioni che anche a Gelida, per quanto lo volesse, non fu concesso di tenere freno. Una passione nata dallo scherzo dell’uomo coi suoi pari: una scommessa… “Vinco se riesco a possedere la giovane e inesperta sacerdotessa”
Miura si fermò per sorseggiare il liquido rosso scuro nel bicchiere rotondo, che inutilmente ella teneva a conca tra le mani, come a volerlo scaldare, residuo di passate abitudini ancora non del tutto cancellate. Posò lo sguardo negli occhi dell’ospite, quasi indugiando nel proseguire.
“Quando il suo gioco iniziò – riprese quindi - io non sapevo neanche di giocare, ero felice, spensierata, mai avevo avuto in cuore di provare… una passione tanto scellerata. Gioco crudele, messere, dico il vero, come a scherzar col fuoco, senza sapervi porre fine con il gelo. Egli mi scaldò il cuore, infervorando con discorsi il nostro gioco. Mi punzecchiava quando io mi ritraevo per poi abbandonarmi non appena io tornavo in suo possesso.”

Il pallore dilagava sul tenue viso, allungandone la forma, quasi a sfigurarlo, al chiarore della luna piena alta nel cielo. “Finché una notte, dopo tanti dubbi e tante ambasce che mi corrodevano l’anima, accettai di vederlo nel giardino, laddove il parco digrada fino al bosco, abbracciando nel monte la foresta. Quando mi venne incontro sorridente capii che avevo davvero poche armi, ma decisi che, quelle poche, fossero tuttavia ben alzate. Mi carezzò la fronte senza dir parole, io lo guardavo dritta negli occhi. Sapevo tutto, per il dono che la dea mi aveva fatto, di empatia e lettura dell’animo, che tanto serve quando si vuol dare conforto a chi ne chiede. Sapevo tutto di quell’uomo e del suo gioco, che così poco aveva a che fare con l’amore! Solo passione, solo fuoco… no, messere! Non è possibile giocare, a meno di non essere sicuri che poi nessuno ne dovrà soffrire…”

Si interruppe di nuovo, alzandosi ed avvicinandosi alla finestra. La gonna lunga di un abito non più nuovo, si apriva su un lungo spacco laterale da cui si intravedevano bianchissime le gambe. Lei guardò fuori, dove una civetta aveva ricominciato il suo lugubre canto, spezzando la monotonia del vento che frusciava pesante tra le fronde.

“Camminammo per un poco discorrendo, la sera era calda e senza luna, nera come la cappa di un… vampiro – si interruppe guardando per un attimo l’ospite, sorridendo ironica al gioco di parole. Alexander la guardava, figura sinuosa che girava leggera nella stanza. - Quando ci fermammo il bosco era dappresso, scuro di enormi alberi e cupo di rumori mai sentiti. Tremavo per il freddo – che strano, parlar di sensazioni senza però ricordarne più l’effetto – o forse per la paura di scoprire, quella paura che attanaglia il nostro corpo mortale quando ci accorgiamo che in realtà vorremmo non avere ragione, o non sapere mai….
Non volevo entrarvi, quindi mi fermai vicino al primo albero, fingendo di interessarmi alla interminabile fila di formiche che percorreva il tronco in ordinata coda, tracciando strade immaginarie e vere sulla ruvida corteccia. Alle mie spalle percepivo la presenza eccitata di quell’uomo, il suo pensiero disordinatamente concupiscente di maschio che tutto vuole e tutto crede di poter avere. Mi voltai poggiando le spalle al tronco e quando lui si avvicinò, convinto di baciarmi, i miei occhi lo trafissero gelidamente. “Mi spiace, amico mio – dissi fermandolo, con voce serena e calma – non amo per gioco, né gioco per amore… amo amare con corpo e mente e cuore…”lo rifiutai, e in quel momento dall’ombra si palesò una figura. Un vento gelido parve trapassarmi, spazzando con piccoli turbini le foglie morte.
“Avete perso, amico mio…” disse guardando l’uomo con occhi indifferenti ed un sorriso strano. Non era umano. Il viso brillava di un pallore estremo, labbra consunte coprivano a stento i suoi canini.
“Stupida donna! Ancora vostra è la scelta: lasciate il vostro velo di purezza oppure dovrò darvi a questa belva!” ringhiò l’uomo, non so dire se per rabbia o per paura.
“Se questo è il vostro gioco – gli risposi – ne sono oggetto e premio… una scommessa, dunque, non mi ingannavo…” mi volsi dunque all’essere che ora mi guardava con un ghigno malefico e perverso, indovinando che non mi sarei prestata all’insensato gioco dell’umano.”

Non era emozione quella che trapelava nella voce della cainita, non emozione ma una forte rabbia, o forse in realtà puro e semplice sconcerto. Lei si coprì il viso con le mani, lasciando che quell’attimo di residua “umanità” la attraversasse, come una scossa.
“Oh! Se mi avesse amato, messere, avrebbe cercato di salvarmi anzi, non mi avrebbe mai gettato tra le fauci di quella belva, non credete?” quando alzò gli occhi su di lui, Alexander sentì qualcosa, come un fuoco, passare di traverso le sue membra. Ma fu solo un attimo.

“Mi guardai intorno invano, ben sapendo che era inutile cercare di sfuggire. Gli occhi del cainita ormai mi avevano in possesso, con quel potere tipico da molti conosciuto come “Ipnosi del Vurdalak” che il conte di Bess, questo era il nome del vampiro, sapeva usare alla perfezione. Il gelo piano piano in me scendeva, con i suoi denti che incidevano la pelle e labbra avide che suggevano il mio sangue. Caddi priva di vita. Era ormai l’alba e quando i primi raggi del sole mi infastidirono costringendomi a cercare riparo tra le ombre… fuggii la luce e compresi i limiti del mio nuovo stato, quando provai ad attraversare un ruscello, a berne l’acqua per cercare ristoro all’arsura della mia gola.

Compresi ciò che ero diventata solo quando misi piede ad Avalon, dopo aver attraversato la Foresta Oscura che tutt’ora durante il giorno mi cela alla vista degli umani.. che io ora temo ed odio ancor più dello stesso cainita che mi fece dannare.”

Poesia/ Se avessi vento

Se avessi vento,
circonderei il tuo corpo
con mille braccia e mani,
confuso nei profumi
che tu emani.

Se fossi vino,
spremuto da frutti delicati,
passerei il tempo ad inebriarti,
parlandoti di noi
senza rimpianti.

Se fossi donna,
come invero sono,
farei di te il mio uomo,
il mio domani, donandomi a te
sempre a piene mani

e gusterei i profumi ed i tuoi aromi
sconosciuto Signor dei desideri

Poesia/ Di mare in peggio

Eccomi, sono arrivata al mare.Pensavo che non sarei mai giunta, lungo il serpentone umido che mi trascinava con violenza.

Speravo che una diga mi avrebbe prima o poi parato il colpo, evitandomi di precipitare nel marasma.

Invece no.Giungo tra l'onde salate, io pur tanto dolce e ingenua goccia. E miscelandomi scopro che sorelle, come me spaesate ed infelici ed umide son qui, che si strattonano perplesse.

Strano, però. Credevo che al mare non sarei mai più tornata, tanto il dolore già a suo tempo patito. Credevo, invece... Quando c'è un lui di mezzo il mare diventa meta quasi certa.

Ora che lui mi guarda, che so che farebbe tutto purchè io non rimanessi in questo mare... d'un tratto mi sembra distante e senza senso ed il suo viso sparisce dietro i flutti, mentre si addensa il sogno fitto di nubi scure e la marea che scende mi sovrasta.

Ma ora basta. Di questo almen son certa.